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Safari Njema

Guido Massimo Calanca, Daniele VicariItalia - 202117 min

Il film è disponibile dal 13 marzo al 29 aprile 2023

Suggerito per: tutte le classi
Lingua: Italiano
Tematiche proposte: I flussi migratori e le condizioni dei viaggi della speranza - Le violazioni dei diritti dei migranti - L’accoglienza problematica e le attese deluse

Sinossi

Uriel a 14 anni fugge dal suo paese in guerra. Fa un lungo viaggio per attraversare l’Africa e il deserto ma in Libia viene internato per tre anni in un terribile centro di detenzione per migranti.
Conosce la fame, la malattia, la violenza più estrema e, anche lì, la guerra. Sopravvive a tutto questo sognando la libertà, finché un giorno, con alcuni suoi compagni di prigionia, riesce a salire su una barca e a partire verso l’Italia. Appena approdato sulle coste siciliane viene mandato in un Centro per Richiedenti asilo, il secondo più grande in Italia, che ospita 500 persone, ma anche questa non sarà un’esperienza facile. Un racconto che rivive anche grazie alle immagini realizzate da decine di migranti e raccolte da giornalisti e attivisti italiani.

Biografia

Guido M. Calanca: Regista, filmmaker, montatore, laureato in Regia e Programmazione Cinematografica e Televisiva presso l’Università degli Studi Roma Tre, muove i primi passi nel mondo del cinema e dell’audiovisivo come video assist nei film Il passato è una terra straniera e Diaz, don’t clean up this blood di Daniele Vicari e per La scoperta dell’alba di Susanna Nicchiarelli, oltre che come aiuto regista e assistente alla regia per numerosi cortometraggi, videoclip e spot pubblicitari. Dal 2006 lavora in campo audiovisivo, curando la regia e/o il montaggio di cortometraggi, documentari, spot pubblicitari, video d’arte, video di moda e reportage d’autore.

Daniele Vicari: classe 1967, appartiene a quel gruppo di registi capaci di passare senza soluzione di continuità dal documentario al film a soggetto. Come Davide Ferrario, Mimmo Calopresti, Francesca Comencini, Guido Chiesa... Con il primo, Ferrario, condivide il passato da critico cinematografico; con il quarto, Chiesa, realizza nel 1999 un film importante e attuale: Non mi basta mai. Ricognizione di un'epoca, l'autunno caldo del 1980 quando la marcia di 40 mila "quadri" della Fiat a Torino spezzò le reni al movimento operaio; e delle conseguenze su chi era impegnato nelle lotte sindacali

Approfondimento

Il film in origine era stato pensato come un racconto verosimile che mirava a ricostruire i percorsi verso una migliore prospettiva di vita dei moltissimi migranti che attraversano il deserto, vengono trattenuti in Libia dove subiscono detenzione, abusi e violenze e quando riescono a prendere il mare su imbarcazioni troppo piene rischiano la vita in un probabile naufragio o di essere riportati nei centri libici e ricominciare da capo la peregrinazione. La pandemia e il conseguente isolamento hanno impedito di proseguire il progetto così come era stato pensato e i registi, non volendo abbandonare il lavoro avviato, hanno deciso di utilizzare il materiale girato con mezzi di fortuna (principalmente telefonini) da molti dei migranti giunti sul nostro territorio e i servizi giornalistici relativi allo sgombero del centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto, dando loro unità con la narrazione che avevano sceneggiato. L’eterogeneità del materiale filmico si deve a questo, ma più che un ostacolo costituisce una ricchezza, perché fa acquisire al lavoro un aspetto di verità che ne potenzia l’impatto. Fin dall’inizio è chiaro dove si va a parare: all’arrivo in Italia i migranti - dice la voce off del protagonista - non trovano quello che avevano immaginato, o che gli era stato raccontato, ma una realtà assai più misera, in cui le scelte politiche appena assunte dal nuovo governo non lasciano spazio all’illusione. Con lo sgombero dei Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) voluto dal ministro dell’Interno Salvini il sogno di una nuova vita si infrange.